_comunicato #1
06 Febbraio 2007
Assoedilizia contesta i dati e le richieste dei Sindacati degli inquilini
COLOMBO CLERICI: DA ALMENO DUE ANNI I CANONI SONO STABILI, LA DOMANDA E' DIVENTATA SELETTIVA, C'E' IL RISCHIO DI UN BRUSCO CALO DEI VALORI
Milano, 6 febbraio 2007 – "Da almeno due anni, al netto dell'inflazione, i canoni di locazione del mercato libero sono stabili in termini monetari" afferma il Presidente di Assoedilizia avv. Achille Colombo Clerici. "In questo periodo è intervenuta una profonda modifica nel mercato della locazione: la domanda è diventata selettiva nel senso che si richiedono per l'immobile standard qualitativi che prima non si richiedevano (pavimenti e piastrellature perfette, sanitari nuovi, tinteggiatura, infissi di qualità superiore). In altre parole, prima si affittava tutto, adesso solo immobili in ordine, che siano peraltro funzionali ed eleganti. Ciò significa che la domanda si è concentrata su un settore, e si è sostanzialmente ridotta rispetto all'offerta generale con ulteriori oneri per il proprietario costretto a costi aggiuntivi per dar corso alla locazione. Non solo. Ma pure costretto a "tenersi buono" il buon inquilino senza praticare quegli aumenti del canone denunciati, senza fondamento alcuno, dai Sindacati degli inquilini che parlano di incrementi medi, a Milano, dell'11% in un anno. "Tale fuorviante messaggio, amplificato da alcuni importanti mezzi di comunicazione - continua Colombo Clerici - se serve ai Sindacati inquilini per giustificare la richiesta di provvedimenti amministrativi tipo equo canone, può indurre i proprietari ad irrigidirsi in attesa di ulteriori aumenti dei valori. Che non ci saranno. Anzi. Potremmo assistere ad un brusco calo di tali valori perché si sta registrando uno squilibrio della domanda rispetto all'offerta".

E le motivazioni sono sorrette da elementi concreti.

La Corte d’Appello di Milano ha diffuso i dati in materia di procedure di rilascio degli immobili (sfratti) i quali confermano la tendenza registrata nello scorso anno allorché era stato annotata in Milano una diminuzione degli sfratti per finita locazione dell’ordine del 12 per cento. Nella provincia si registra una diminuzione complessiva delle controversie in materia locatizia. E’ vero dunque che, se aumentano gli sfratti per morosità, contestualmente si riducono quelli per finita locazione. Il che significa che le condizioni di mercato non sono tali da indurre i proprietari a sperare di rinnovare il contratto di locazione a canoni più elevati: il proprietario, non potendo sperare in aumenti dell’affitto, non tende a “mettere sotto pressione” l’inquilino con disdette e sfratti per finita locazione, ma viceversa tende a far rinnovare il contratto alle precedenti condizioni economiche.

Che il trend degli affitti sia stabile o al ribasso viene d’altronde rilevato da vari Osservatori immobiliari: ISTAT, Meglio Milano, Borsa Immobiliare) i quali, peraltro registrano le transazioni intervenute ma non fotografano lo stato latente di squilibrio tra domanda e offerta rilevato dai sensori di Assoedilizia.

L’aumento degli sfratti per morosità si spiega, viceversa con l'aumento progressivo del costo della vita cui non corrisponde per certe categorie sociali - pensionati in primo luogo - un analogo incremento. E certamente la difficoltà economica si riflette sulla capacità di spesa di molte famiglie (in Italia centinaia di migliaia, in Lombardia oltre 71.000) di affrontare le spese, anche per l’affitto della casa.

Chi invoca il ritorno dell'equo canone dimentica che molti degli attuali problemi abitativi italiani derivano da quindici anni di applicazione di quella legge. Le case in affitto, in quegli anni, si sono ridotte alla metà (moltissimi proprietari immobiliari hanno dismesso la proprietà tenuta in locazione data la remuneratività nulla dell'investimento): siamo rispetto agli altri Paesi europei assolutamente fuori dagli standard medi. Attualmente in Italia c'e meno del 20 per cento di alloggi in locazione, contro una media europea di oltre il 40 per cento; a Milano, il 34% di alloggi in affitto contro il 60% di 25 anni fa.

Cio' significa che molti nostri concittadini sono stati costretti ad acquistare gli alloggi per risolvere il problema della casa. In tale situazione sono rimasti sacrificati i meno abbienti per i quali, con l'equo canone, l' acquisto (per mancanza di disponibilità finanziaria o di interesse a comprare l'alloggio) e la locazione (per la rarefazione dell'offerta) erano diventati miraggi.

Altri guasti dell'equo canone sono stati: il degrado immobiliare delle città per la riduzione delle manutenzioni, e l'esplosione del pendolarismo, con tutte le conseguenze negative sul piano ambientale, dovuto all'esodo dalle città alla ricerca di offerte abitative.

Inoltre, se venisse reintrodotta una qualsiasi forma di locazione amministrata, si andrebbe incontro ad un generale impoverimento dell'80 per cento delle famiglie italiane che sono proprietarie di casa,a causa del prevedibile decremento dei valori immobiliari.

La tassazione, poi, della casa, fondata sull' impostazione catastale a base patrimoniale e disancorata da qualsiasi riferimento alla redditività dell'immobile, seguirebbe valori storicamente registrati in trend ascensionale: colpendo iniquamente in modo sperequato cespiti di valore decrescente, con un prelievo fiscale crescente.

Una disanima per quanto possibile obiettiva della difficile situazione abitativa vede quali principali responsabili l'eccessivo carico fiscale nei confronti di chi offre case in locazione e la mancanza di case popolari o ad affitto sociale".

Sul primo punto, l'eccessivo carico fiscale, il conto è presto fatto: il fisco si porta via fino ad oltre il 60% del reddito, A questo vanno aggiunti i costi di gestione, di manutenzione ordinaria e straordinaria, di adeguamento tecnologico. Cosa rimane? Rimane un reddito sul capitale investito nemmeno in grado di coprire il costo dell'inflazione.

Anche per quanto riguarda il secondo punto, mancanza di alloggi pubblici, la realtà è incontrovertibile: da oltre quindici anni lo Stato non costruisce più. Il patrimonio residenziale pubblico - sia a Milano sia nel resto del Paese - si è ulteriormente ridotto, portando l'Italia all'ultimo posto tra i Paesi industrializzati. Giovani lavoratori, studenti, immigrati (anche in coabitazione per poter fronteggiare i costi del mercato libero), si accalcano sul misero 19% di alloggi (di cui 15% di mercato libero e 4% di edilizia residenziale pubblica) rimasti a disposizione per la locazione; un eccesso di domanda che ha fatto lievitare i prezzi.

Le soluzioni? "Cedolare secca del 20% sul reddito degli affitti - conclude Colombo Clerici - proposta avanzata dalle Associazioni dei proprietari che, recepita in un primo tempo dal Governo, è rimasta lettera morta. E costruzione di nuovi alloggi popolari: calcoliamo che la Lombardia necessiti di circa 60.000 appartamenti e Milano di 20.000. E' necessario infine che i Sindacati inquilini si inducano, una volta per tutte, a firmare gli accordi generali per l'attuazione del contratto di locazione agevolato, inoperante a Milano da quattro anni".
ASSOEDILIZIA - La borghesia storica di Milano e della Lombardia
© 2007 Neuronica Creactive Machine - Neuronica S.r.l.