_comunicato #478
12 Ottobre 2009
Replica di Achille Colombo Clerici all'articolo di Sergio Rotondo su Il Giornale, in data 11 ottobre 2009 "Una grande città non deve chiedere aiuto ai politici"
Il discorso è complesso e non può esser affrontato in modo semplicistico e superficiale.
Da cinquant'anni a questa parte il mondo è totalmente cambiato: e continuare a tirare in ballo, con rimpianto e nostalgia, i grandi capitani d'industria della Milano del boom economico indica che non ci si rende conto di ciò che è avvenuto.

Ai grandi capitani d'industria si sono sostituiti migliaia e migliaia di professionisti e di consulenti.

Milano ha perso, non solo 450 mila abitanti, ma, con la chiusura delle industrie, ha perso 200 mila posti di lavoro di salariati e qualcosa come 20 mila esercizi commerciali.

E non è esatto che la finanza abbia "soppiantato" l'industria.

La finanza, come la moda e la creatività, ma al pari anche del terziario ha, con il suo sforzo e grazie alla fantasia del nostro popolo, fatto in modo che Milano non soffrisse più di tanto di una perdita così colossale di funzioni; ma riuscisse a metabolizzare, riconvertendosi ad altre attività, il più massiccio e serio processo di trasformazione socio-economica che una città moderna abbia mai dovuto affrontare.

Ma in questo periodo anche lo Stato ha fatto la sua parte: praticando la linea della equità redistributiva ( di per sé non negativa ove non si risolva in una sperequazione fra i diversi ambiti territoriali) ha avocato alla mano pubblica, sottraendola a quella privata, una sempre crescente quantità di risorse finanziarie.

Ha in tal modo ridotto progressivamente i margini di autonomia della iniziativa privata: confinandola sempre più nel campo privato, appunto.

E la gestione dei grandi investimenti di rilevanza pubblica, senza i quali il territorio perde ogni capacità competitiva, passa ormai inesorabilmente attraverso le decisioni politiche.


Valga, un esempio tratto da molti altri casi, la vicenda Alitalia-Malpensa.
E, per citare: Roma ha ottenuto una legge speciale (Roma capitale) e ingenti risorse per il Giubileo, Genova per le Colombiadi e quale Capitale della Cultura, Torino per le Olimpiadi invernali. Milano, alla vigilia della grande opportunità di rilancio rappresentata da Expo 2015, ha visto le risorse ridursi notevolmente.


E con ciò dunque si può ritenere che si sia attuato, in questo lasso di tempo, un passaggio della vita nazionale, dall'egemonia della economia, all'egemonia della politica.

E lo dimostra il fatto che oggi non c'è grande imprenditore che non sia schierato o che non militi addirittura in campo politico: forse che i capitani d'industria dei bei tempi passati facevano lo stesso?

E poi,chi lo va oggi a spiegare ai milioni di consulenti, di professionisti, al popolo delle partite Iva che, dopo tutte le tasse che pagano, devono anche mettersi insieme per finanziare i grandi investimenti strutturali ed infrastrutturali, di cui la loro regione ha bisogno per continuare a svolgere il ruolo di locomotiva del Paese?

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