_comunicato #484
23 Ottobre 2009
Cronaca della Tavola Rotonda presso la Società Umanitaria di Milano sul tema “Costruire bellezza"
“COSTRUIRE BELLEZZA” PER IL 25° DELL’ISTITUTO UOMO E AMBIENTE

Ma Colombo Clerici. “Esiste una generazione di architetti capace di esprimere la cultura del nostro Paese?”

Benito Sicchiero

“All’inizio degli anni 2000 deve mutare radicalmente il modo di concepire l’urbanistica in rapporto al territorio e all’ambiente. Abbiamo a che fare con un territorio ampiamente antropizzato e qualsiasi intervento di trasformazione e di sviluppo dello stesso deve fare i conti con l’esigenza, da un lato, di non sprecare risorse territoriali e ambientali e, dall’altro, con l’esigenza di realizzare la migliore funzionalità in rapporto al bisogno di benessere dei cittadini. Entrano in gioco una serie di fattori qualificanti che non si riconducono esclusivamente a plusvalori economici: si parla addirittura di “felicità interna lorda” per valutare il grado di soddisfacimento di questa esigenza da parte dei cittadini. Si deve dunque passare da una urbanistica estetica, edonistica, utilitaristica, ad una urbanistica etico-funzionale, laddove il termine etico implica una particolare attenzione alla qualità del vivere nella città e nel territorio”.

E’, in sintesi, l’intervento del presidente di Assoedilizia e vicepresidente di Confedilizia Achille Colombo Clerici alla tavola rotonda “Costruire bellezza” organizzata all’Umanitaria di Milano – assieme a una mostra con scritte, fotografie, disegni, progetti e acquarelli – in occasione del 25° anniversario dell’Istituto Uomo e Ambiente fondato e diretto dall’arch. Maurizio Spada.

Ricco il panel dei relatori: oltre a Colombo Clerici, Giulia Maria Crespi, presidente Fai; Giorgio Galli, politologo; Fulvio Scaparro, psicologo e presidente Associazione Gea; Giangiacomo Schiavi, vicedirettore del Corriere della Sera; Marco Frey, Consiglio di amministrazione della Fondazione Cariplo. Tutti d’accordo nel ritenere necessario un cambio di rotta sulla maniera di costruire, e di occupare, il territorio come avviene da 300 anni in coincidenza con lo sviluppo che, se ci ha portato all’attuale stato di benessere, non può continuare a moltiplicarsi all’infinito.

Anche per non rendere la nostra esistenza comoda e infernale nel contempo. Perché ne scaturiscono tensioni, incertezze, paure del “diverso”. E non si può contribuire alla bellezza dell’ambiente e quindi alla migliore qualità di vita se si è in preda di sentimenti negativi.

Insegnare quindi fin nelle scuole comportamenti virtuosi, che sono contagiosi, e fonte non trascurabile di inversione di tendenza del brutto e del degrado delle città. Un esempio per tutti, Pittsburgh, già capitale americana dell’acciaio, dello smog, dello squallore che, dopo la crisi del settore, si sta trasformando in una città della cultura, del verde, dei servizi ad opera di architetti e di urbanisti di valore.

E in Italia? Colombo Clerici: “Ma per rispondere all’esigenza della qualità del vivere nella città si pone una questione rilevante. Se esista una generazione di architetti italiani in grado di esprimere una cultura architettonica e socio-urbanistica propria del nostro Paese. Se non esiste, bisogna chiedersi se sia la conseguenza della debolezza della nostra politica e conseguentemente della politica culturale delle amministrazioni centrale e locali. Il problema è molto serio soprattutto perchè, a seguito del processo di concentrazione della capacità di operare a livello edilizio-urbanistico nelle mani di grossi gruppi, che trovano senz’altro molto comodo rivolgersi al grande nome straniero in grado di far superare ogni diatriba domestica, gli architetti italiani saranno sempre più ridotti a progettare sottotetti, villette e ristrutturazioni di appartamenti”. Lasciando spazio, secondo l’arch. Guglielmo Mozzoni, ai grattacieli “storti” di CityLife che non ha esitato a definire “delinquenziali”.

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