_comunicato #647
27 Dicembre 2016
QN Il Giorno Il Resto del Carlino, La Nazione del 24 dicembre 2016 – Il problema della “classe dirigente” di Achille Colombo Clerici
Oggi il nostro Paese, per reggere la sfida della competizione globale, deve produrre una crescita economica al passo con quella dei competitors e lo deve fare in un contesto di jobless growth, reso difficoltoso dalla miscela esplosiva di globalizzazione e digitalizzazione, di per se’ disastrosa, non solo per l’Italia ma per tutti i paesi occidentali.

Già nel 1999 il Governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, denunciava come l’economia del settore pubblico stesse frenando lo sviluppo economico italiano. La nostra economia – secondo Fazio – sarebbe cresciuta negli anni Duemila meno di quella europea. Di un punto annuo contro i due punti della media degli altri Stati membri. Colpa dell’inefficienza del settore pubblico. Il Ministro del Tesoro Giuliano Amato aveva già segnalato la perdita di competitività dell’Italia legata alla arretratezza delle strutture e delle procedure della pubblica amministrazione.

La situazione è particolarmente grave perché in Italia l’economia legata direttamente o indirettamente al settore pubblico supera il 50% del PIL, mentre la parte prodotta dalle aziende private di medio-grandi dimensioni raggiunge appena il 10% del totale.

Un settore pubblico nel quale il tipo di impiego marca geograficamente due macroaree del Paese: il Nord delle partite IVA, nel quale il pubblico impiego – accompagnato dalla mentalità dei tre pilastri della generazione italiana dei baby boomers: casa in proprietà, lavoro sicuro e pensione garantita – è poco stimato, ed il Sud, nel quale è viceversa molto ambito.

E’ dunque una questione culturale di fondo quella che dobbiamo affrontare: il cambio di mentalità, attraverso un processo di educazione dei giovani, che non si deve fermare all’istruzione, ma deve giungere alla formazione del senso dello Stato, del senso civico e soprattutto del senso del merito. Concetto quest’ultimo oggi purtroppo desueto.

Ciò che manca infatti in Italia è una nuova classe dirigente degna di tal nome. Formata cioè da tante eccellenze, non staccate ed isolate tra loro come avviene oggi, ma in rete, che facciano corpo com’è nei più evoluti Paesi occidentali. Da noi son venute meno le scuole di formazione della classe dirigente: quelle dei gruppi economici, delle Pubbliche Amministrazioni, dei partiti politici, le scuole di management.
Negli Stati Uniti ci sono oltre 1800 think tanks.
Quanto all’Europa ricordiamo che Paolo Baffi, in una lettera degli anni ’60, ben prima di diventare Governatore della Banca d’Italia, notava con ammirazione come in Germania, già allora ci fosse un milieu scientifico/istituzionale, operativo in campo economico, che studiava da futura classe dirigente europea.

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