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24 Gennaio 2017
“Seminterrati abitabili nei condomini lombardi” – Sole 24 Ore del 24 gennaio 2017 Rubrica ‘Leggi e sentenze’ a cura di Assoedilizia – di Bruna Vanoli Gabardi
E’ stato presentato in Regione Lombardia un progetto di legge di iniziativa consiliare relativo al “Recupero dei piani seminterrati esistenti”.
Da tempo la materia è oggetto di interesse in quanto destinata essenzialmente a supportare l’indirizzo di riduzione del consumo di nuovo territorio così come lo era stata la legge di recupero dei sottotetti n. 15/1969 e s.m.i. recepita dalla legge di governo del territorio lombarda n. 12/2005.
Oltre alla riduzione del consumo del suolo la nuova normativa, come del resto quella dei sottotetti, si prefigge come obiettivo anche la riduzione dei consumi energetici “attraverso la messa in opera di interventi tecnologici di contenimento”.
I seminterrati legittimati all’applicazione della proposta disciplina vengono definiti come “piani la cui superficie laterale si presenta come parzialmente controterra, in misura comunque non superiore ai 2/3 della superficie laterale totale”; sono esclusivamente quelli già realizzati in forza di un titolo concessorio legittimo; devono far parte di edifici serviti da tutte le urbanizzazioni primarie; devono rispettare tutte le prescrizioni igieniche ad eccezione dell’altezza che, in ogni caso, deve essere almeno m. 2,40; devono essere dotati di parcheggi pertinenziali che possono essere sostituiti dalla monetizzazione solo nell’ipotesi di mancanza assoluta di spazi idonei.
Infine devono essere dotati di isolamento termico e avere realizzato l’abbattimento delle barriere architettoniche ai sensi di quanto disposto dalla L.R. 6/1989.
Tale intervento di recupero non si configura esclusivamente come mutamento di destinazione dell’unità di seminterrato ma, quel che più rileva, determina un incremento di volumetria abitabile, in ogni caso legittimata, che, diversamente da quanto prevede la disciplina di recupero dei sottotetti, può essere destinata non solo ad abitazione ma anche ad uso terziario e commerciale.
La legittimazione dell’intervento è determinata esclusivamente dal procedimento di assentibilità comunale che dovrà certificare la rispondenza dell’opera alle prescrizioni tutte dettate dalla norma: e questo nell’ipotesi si tratti di un seminterrato di un edificio appartenente ad un unico proprietario.
Ma nell’ipotesi di seminterrato di proprietà di un singolo condomino posto in un edificio condominiale l’interveniente, prima di dare corso al procedimento di assentibilità amministrativa, dovrà accertarsi della inesistenza di impedimenti alla trasformazione o di speciali obblighi determinati a suo carico in forza della disciplina condominiale.
Vediamo quali possono essere gli elementi da prendere in considerazione.
1 – Eventuali prescrizioni di un regolamento contrattuale escludenti determinate destinazioni delle unità immobiliari o, addirittura, specifiche prescrizioni di divieto di trasformazione delle unità di interrati e sottotetti con incremento di volumetria abitabile.
In questo caso anche se l’intervento di recupero fosse considerato assentibile da parte del Comune sarebbe impedito dall’obbligo di natura privatistica.
2 – In forza di quanto disposto dall’art. 1122 C.C. l’opera di recupero non deve procurare un danno alle parti comuni e non deve neppure determinare un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio.
Per quanto riguarda un eventuale pregiudizio alla stabilità il rischio sembra essere limitato dal momento che la legge prende in considerazione esclusivamente i seminterrati già realizzati alla data della sua entrata in vigore e non solo: la realizzazione deve essere legittima.
Si parla quindi di opere iniziate e portate a termine in forza di un regolare e definitivo procedimento di assentibilità da parte del Comune.
Inoltre, elemento importantissimo, condizionando la fattibilità del recupero allo stato di fatto del seminterrato che deve risultare completamente realizzato non sembra proprio di poter ammettere la possibilità per l’operatore di eseguire uno scavo per aumentarne l’altezza.
Se ne deduce che il pericolo di minaccia alla stabilità potrebbe solo derivare da interventi inattuabili eseguiti sulle murature interne, pericolo che, d’altra parte, può riscontrarsi in ogni esecuzione di opera edilizia.
Dal momento che, in forza di quanto disposto dall’art. 1122 comma 2 C.C., il condomino che intende dare corso ad un intervento nell’unità immobiliare di sua proprietà deve darne notizia all’amministratore, che riferirà poi all’ assemblea, il Condominio potrà esercitare i suoi controlli richiedendo titolo di legittimazione comunale dell’intervento e progetto relativo e, nell’ipotesi di sospetto di opere pericolose dare corso alle opportune verifiche.
3 – Per quanto riguarda invece un eventuale pregiudizio al decoro va detto che la norma prevede che anche se l’immobile non è soggetto a vincolo paesaggistico i progetti di recupero dei seminterrati “che incidono sull’aspetto esteriore dei luoghi e degli edifici” sono soggetti al preliminare benestare di compatibilità paesaggistica della commissione per il paesaggio.
Anche se tecnicamente la compatibilità paesaggistica è cosa diversa dal decoro sembra proprio che l’intervento “indecoroso” non possa passare al vaglio previsto.
4 – Ai fini sopra indicati del contenimento dei consumi energetici la legge prevede che nell’intervento di recupero dei piani seminterrati debbano essere previste idonee opere di isolamento termico conformi, ovviamente, alla normativa vigente.
Prevede inoltre l’applicazione della disciplina dell’abbattimento delle barriere architettoniche.
Qui si tratta di opere che rientrano nella disponibilità del condomino che è libero di eseguirle, naturalmente a sue spese.
5 – Infine va evidenziato il problema, che si potrebbe presentare, della variazione della tabella millesimale dell’edificio (art. 69 Disposizioni di Attuazione del Codice Civile) in cui il piano seminterrato fosse oggetto di intervento di recupero.
Si ritiene applicabile alla fattispecie l’art. 69 comma 1 par. 2 delle Disposizioni di Attuazione del Codice Civile che legittima l’assemblea condominiale a rettificare la tabella, con la maggioranza prevista dall’art. 1136, secondo comma, del codice civile (maggioranza degli intervenuti in assemblea e almeno la metà del valore dell’edificio), nelle ipotesi in cui siano mutate le condizioni di una parte dell’edificio per effettuate sopraelevazioni, incremento di superfici, incremento o diminuzione delle unità immobiliari determinando l’alterazione per più di un quinto del valore proporzionale di una unità immobiliare.
Nella fattispecie considerata, infatti, dal momento che l’intervento di recupero realizza un incremento di volumetria abitabile dell’edificio, sembra proprio di poter riscontrare la condizione richiesta per la revisione.
Da ultimo resta da valutare la fattispecie di seminterrato di proprietà condominiale indivisa.
Qui l’intervento di trasformazione deve essere deliberato, si ritiene, all’unanimità in quanto non sembra potersi applicare l’art. 1117 ter C.C. che consente all’assemblea di modificare la destinazione d’uso delle parti comuni con una maggioranza che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell’edificio.
L’intervento contemplato, infatti, non si configura come un semplice mutamento di destinazione d’uso ma come creazione sull’edificio di una nuova volumetria non prevista dagli atti di fabbrica e per la quale andranno corrisposti oneri di urbanizzazione e costo di costruzione.

Bruna Vanoli Gabardi

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