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24 Febbraio 2018
QN IL GIORNO del 24 febbraio 2018 – “Le nostre imprese nelle mani straniere” di Achille Colombo Clerici
Con gli attuali meccanismi normativi Basilea 3, basati sul principio del credito sicuro, le banche si vedranno sempre meno portate a finanziare le piccole e medie imprese, che saranno costrette a ricorrere sempre più al capitale di rischio.

Un mercato che ha voglia di crescere, spinto dall’innovazione e dalle agevolazioni governative, ma non supportato dal mondo del credito.

Nel terzo trimestre 2017 le erogazioni di finanziamenti bancari mostrano il dato più basso da 5 anni a questa parte. Si riducono le consistenze, sia a breve, sia a medio lungo termine, – 21 e -11 miliardi di euro nell’ultimo trimestre del 2017. Dal 2008 ad oggi si registrano 85 miliardi in meno di finanziamenti alle imprese. I finanziamenti specializzati “alternativi” sono invece cresciuti di 75 miliardi soprattutto per lo sviluppo del peso dei prodotti obbligazioni e factoring.

D’altro canto, le aziende italiane di maggiore dimensione riescono, a competere sui mercati esteri, con sempre maggiori difficoltà, a causa di problemi dimensionali e di collocazione commerciale. “Il numero dei grandi gruppi italiani è tristemente decrescente: non abbiamo più la scala per muoverci a livello internazionale” afferma Umberto Bertelè, professore emerito al Politecnico di Milano e autore di “Strategia”. (Egea Pixel). Secondo Bertelè, una chiave di lettura per questa situazione è “l’incapacità imprenditoriale – mostrata negli anni, a cominciare dalla nota vicenda di Parmalat – di mettere a fattor comune i capitali di cui il Paese è dotato, anche in quantità ingente”. La famosa assenza di un sistema: colpa della politica o degli imprenditori?

“Credo sia mancata soprattutto la volontà dei secondi. Anche se, va ricordato, il rapporto che esiste tra livello di governo e grandi aziende in Germania o Francia non è paragonabile al nostro, anche se l’Italia resta l’8^ potenza economica del mondo”. Significa peso della burocrazia e carico fiscale.

Non c’è dunque da stupirsi se molte aziende sono passate in questi anni nelle mani degli stranieri. Il 2016 si è chiuso con acquisizioni straniere per un valore di 65,5 miliardi di euro, mentre le aziende italiane hanno comprato parti o intere società estere per 9,4 miliardi di euro. L’ultimo Made in Italy passato in mani straniere (americane) è il treno ad alta velocità Italo; prossimamente toccherà ad Alitalia (ai tedeschi? ai franco-americani?). Inoltre, per citare, Italcementi è andata ai tedeschi; Milan ed Inter ai cinesi, come pure Pirelli, Ansaldo Energia, Buccellati; Parmalat, Edison, Bulgari e Pioneer ai francesi; Avio agli americani. E via alienando. Poi abbiamo i casi Embraco: delocalizzazione in Slovacchia, licenziamento degli operai, mentre la UE punta la lente sull’azione del nostro Governo perché non intervenga con aiuti di stato.
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