_comunicato #71
29 Gennaio 2007
N. abitazioni Milano : a Milano 633.145 abitazioni (censimento 2001) 742.000 unità immobiliari
L'equilibrio del sistema di produzione di nuova edilizia, basato sul duplice canale concorrente dell'edilizia libera da un lato, fondata sulla legge di mercato, e dell'edilizia residenziale pubblica dall'altro; quell'equilibrio che aveva permesso di ricostruire l'Italia nel dopoguerra e di trasformarla da paese agricolo-commerciale in un Paese moderno a carattere industriale-terziario, si è spezzato a cominciare dal 1978 a seguito della politica abitativa voluta dai governi di solidarietà nazionale. L'introduzione dell'equo canone e di una progressiva pressione fiscale sulle abitazioni, in particolare quelle in locazione, avevano caricato il privato di oneri di socialità che non gli competevano.
Per parte sua lo Stato aveva trasferito alle Regioni la competenza in materia di edilizia sociale senza dotare le stesse di adeguati mezzi finanziari per assolvere al compito.
Con l'esaurirsi, ai primi anni '90, delle ultime "code" del piano decennale di edilizia residenziale pubblica, gli IACP (oggi ALER) non risultarono più in grado di fronteggiare, in termini di nuova produzione di case e di recupero del patrimonio esistente, il fabbisogno abitativo pregresso e quello insorgente anche a seguito di una immigrazione progressivamente crescente.
D'altra parte il privato, costretto da un regime tributario disincentivante l'investimento in abitazioni da offrire in locazione, abbandonava progressivamente il comparto. Investitori istituzionali, società immobiliari, persone fisiche davano luogo al più massiccio fenomeno di dismissione di immobili locati che si sia riscontrato a livello mondiale.
Dal 40% di case in locazione, che si registrava in Italia a metà degli anni '60, siamo scesi all'attuale livello del 19% di cui il 3% di E.R.S. Una posizione anomala rispetto al contesto europeo che si presenta con il 57% della Germania, il 45% della Francia, il 55% della Svizzera, il 32% della Gran Bretagna. Siamo regrediti allo stadio della Turchia e dell'Irlanda (Milano è scesa dal 60% all'attuale 33% di cui il 9% di E.R.S.). Situazione questa che è contraria alle esigenze di mobilità delle forze di lavoro e di studio (richiesta in massimo grado dai processi di trasformazione socio-economica in atto; quali la ristrutturazione, l'internazionalizzazione, la terziarizzazione, la finanziarizzazione, l'innovazione tecnologica) che suppone una spiccata mobilità abitativa.
Osserviamo al proposito che, come ci insegna la storia dell'urbanistica sociale, più una società è statica (fino al massimo della società contadina) e maggiore è il livello di abitazioni possedute direttamente da chi le abita.
Consideriamo che, a comporre il dato di quel 19% di alloggi in locazione di cui si è detto, concorre tutta l'edilizia popolare, la quale peraltro è presente in Italia con una dotazione di abitazioni assolutamente inadeguata alla dimensione del nostro Paese.
In un Paese qual è il nostro a struttura centralizzata in cui il 96% dell'introito fiscale è erariale mentre solo il 4% è basato sul gettito delle imposte locali - e, d'altra parte, ben il 25% delle spese pubbliche, ivi compresa l'edilizia sociale, è a carico degli Enti locali - la questione finanziaria risulta peraltro estremamente condizionante una efficace e proficua politica abitativa. Risulta ineludibile, dunque, il discorso del federalismo fiscale.
Richiamandoci a quanto detto in esordio, quell'equilibrio virtuoso del sistema suppone, viceversa, che ognuno, il privato ed il pubblico, svolga il suo ruolo. Occorre che il primo, adeguatamente incentivato anche sul piano fiscale, mantenga e potenzi l'investimento del risparmio negli immobili destinati alla locazione; e che l'altro, adeguatamente alimentato sul piano finanziario, piloti un sistema di risposte ai bisogni abitativi di quella fascia di popolazione che la casa non se la può pagare in tutto o in parte.
Oggi si deve ragionare in questi termini. La mano pubblica comincia a farlo; per la parte privata lo Stato deve bandire dalla politica abitativa ogni infingimento di sorta. E soprattutto occorre avere chiaro in mente che non possono esserci pochi soggetti privati oggi di moda che, in virtù di privilegi fiscali particolari (ulteriormente aumentabili), pensino di surrogarsi alla mano pubblica nel compito istituzionale di fornire edilizia sociale al nostro Paese. E' necessario che non ci siano discriminazioni fiscali fra quanti investono il risparmio nell'edilizia per la locazione affinché, a fronte di misure agevolative, ci sia il maggior concorso nell'offrire una più ampia risposta alla domanda di case.
Achille Colombo Clerici
Presidente di Assoedilizia
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