_news #110
20 Giugno 2008
Confisca dell’immobile ceduto agli stranieri: una norma da ripensare
Le più approfondite osservazioni espresse in quest’ultimo periodo da parte degli esponenti del mondo delle Istituzioni e dalla dottrina penalistica in merito alla configurazione del reato di cessione illecita di immobile a stranieri irregolari (cui segue le confisca del bene medesimo) portano Assoedilizia, allo stato, a dover avanzare un giudizio fortemente negativo sull’attuale formulazione della norma.
Questo il punto: a fronte di un’esigenza, coralmente condivisa, di perseguire i gravi fenomeni di sfruttamento economico della condizione dei clandestini - molti di questi già noti alle forze dell’ordine - introducendo una fattispecie di reato dotata di reale efficacia non solo sul piano repressivo, ma anche sul fronte preventivo, il legislatore ha risposto con una figura di delitto che soffre di una tale genericità ed incertezza sul piano della sua formulazione tecnica da rendere prevedibili, all’atto pratico, esiti in palese contrasto con i principi costituzionali, primo tra tutti, il canone della ragionevolezza.
Questi rilievi spingono Assoedilizia ad esprimere un giudizio di netto sfavore nei confronti del nuovo reato, quantomeno nella sua attuale configurazione. Assoedilizia, in particolare, si rende perfettamente conto della necessità di reprimere e punire chi specula sulla condizione di irregolarità degli stranieri che continuano a giungere clandestinamente in Italia, ma, d’altra parte, non può esimersi dall’osservare che, per poter cogliere il suo scopo, la nuova fattispecie di reato deve essere significativamente modificata, bandendo qualsiasi formulazione che possa portare ad incertezze applicative e, di conseguenza, a colpire - tra l’altro severamente - anche situazioni che nulla hanno a che fare con le devianti condotte di sfruttamento che la norma di dovrebbe proporre di prevenire e, se del caso, reprimere.
Vero è che un primo passo in questa direzione è stato compiuto, seppure si tratta di un timido aggiustamento che, nella sua vera sostanza, non può soddisfare ancora né esaurire il problema.
Le Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia del Senato hanno introdotto, all’interno del reato di cui parliamo, un nuovo elemento necessario ad integrare la fattispecie penale: è ora previsto che il soggetto agente abbia tratto “un ingiusto profitto” dalla cessione a titolo oneroso dell’immobile al cittadino irregolarmente soggiornante in Italia.
L’intenzione del legislatore parrebbe essere quella di limitare la configurabilità del reato alle sole ipotesi di “ingiusto” lucro tratto grazie alla condizione irregolare dello straniero: non basta più, di conseguenza, la mera consapevolezza della mancanza dei requisiti di validità del soggiorno in Italia in capo al cessionario, ma occorre ora anche la prova che il cedente abbia tratto dal fatto un indebito vantaggio, di natura patrimoniale o meno.
Il maquillage – nell’attesa di poter prendere visione del testo definitivo del reato – si pone più come un palliativo che come un vero sbarramento ad ingiuste generalizzazioni incriminatrici: è chiaro a tutti che, a fronte di una cessione a titolo oneroso, si è anzitutto in presenza di un profitto e che tale profitto si origina dall’aver posto in essere una situazione all’evidenza contra legem.
E’ dunque chiaro che, se si vuole tarare correttamente la fattispecie di reato, occorre introdurre nel delitto il riferimento allo sfruttamento (sul piano economico e non) della condizione di clandestinità: in altre parole, un conto è locare regolarmente un immobile ad uno straniero privo del permesso di soggiorno, un conto è, ad esempio, “stipare” – dietro profumati compensi – più clandestini in una sola unità abitativa (pratica questa che si avvicina di più a quello che dovrebbe essere il reale scopo di una fattispecie penale equilibrata).
I dubbi applicativi, tuttavia, non si fermano qui. L’attuale formulazione della norma sembrerebbe legittimare un’interpretazione della fattispecie come reato cosiddetto istantaneo, che si consumerebbe all’atto della stipula della cessione dell’immobile. Di conseguenza, resterebbe ininfluente, sul piano del diritto penale, qualsiasi sopravvenuta conoscenza, da parte del cedente, circa l’eventuale perdita dello status di legittima permanenza in Italia da parte dello straniero (ad esempio, la sopravvenuta scadenza del permesso di soggiorno).
Tale interpretazione, tuttavia, poggia per ora su basi tutt’altro che granitiche e, se il reato verrà convertito nella attuale formulazione, occorrerà attendere gli orientamenti della giurisprudenza, nella consapevolezza che potranno non mancare soluzioni volte a colpire qualsiasi sopravvenuta conoscenza del mutamento di status del cessionario.
Ciò con possibili conseguenze disastrose: ci si esporrebbe alla sanzione penale – ed alla confisca – anche solo essendo consapevoli che il cessionario, scaduto, ad esempio, il permesso di soggiorno da qualche giorno, sia incolpevolmente in attesa del rinnovo di tale documento. Si tratta, è ovvio, di un esempio iperbolico, che, tuttavia, non può non far riflettere sulle conseguenze di un reato che può essere applicato, allo stesso modo, sia in relazione a comportamenti gravemente criminali, sia a fenomeni che ben poco aggrediscono il reale bene giuridico tutelato dalla norma.
Per non parlare poi dell’ipotesi, circolata in più ambienti nell’ultimo periodo, di reprimere anche la mera ospitalità del clandestino. Non c’è bisogno di pensare alle innumerevoli persone, davvero poco aggressive sul piano criminale, che si potrebbero veder confiscata l’unica casa per aver dato ospitalità ad esempio ad una badante in attesa di regolarizzazione, ma – sia consentita ancora un’iperbole – il giorno stesso dell’entrata in vigore di tale modifica, si dovrebbero porre sotto sequestro, in vista della confisca, anche gli immobili delle comunità ecclesiastiche in cui si accolgono e si assistono quotidianamente i clandestini bisognosi.
Così come, certamente, si potrebbero porre situazioni di contrasto, sul piano costituzionale, per la disparità di trattamento (sanzione penale) che riceve chi ospiti un clandestino, non essendo proprietario dell’immobile, rispetto a chi invece lo sia: solo quest’ultimo, a parità di condotta, si vedrebbe confiscato l’immobile.
Le esemplificazioni di situazioni distorte, è certo, sarebbero innumerevoli e non è questa la sede per proseguire sul punto. Occorre invece ribadire con forza che, in sede di conversione del decreto legge che introduce il reato in esame, è necessario che si apra una più approfondita riflessione sulla reale portata della nuova fattispecie e che, ove si ritenesse di mantenerla, venga compiuto un doveroso sforzo che ne elimini qualsiasi possibilità di indiscriminata od incerta applicazione, privilegiando la prevenzione e la repressione di quelle vere condotte criminose che non esitano a speculare sulle gravi difficoltà di chi giunge clandestino in Italia.


Avv. Niccolò Bertolini
Coordinatore Ufficio Studi di Diritto Penale di Assoedilizia
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