_news #40
22 Ottobre 2007
Intervento del Presidente Avv. Achille Colombo Clerici all'Incontro "Etica della Ricchezza - La responsabilità sociale dei patrimoni privati fra tradizione e innovazione” organizzato in occasione del 150° anniversario dei Gruppi di Volontariato Vincenziano
Se ci fosse una fisiognomica delle città, potremmo dire che per Milano c’è una forte corrispondenza tra il volto della città e lo spirito, il carattere, il sentimento, la mentalità, la cultura della sua gente, del suo popolo.

- Il pragmatismo di stampo giansenista

Nel suo volto si rispecchia quel rigoroso pragmatismo basato sull’efficienza volta al conseguimento del risultato (dell’achievement come dice De Rita in un suo studio sulla milanesità), che discende da una concezione giansenistica dell’impegno civile e sociale della persona umana.
Montanelli definiva Milano una città giansenista, che ha pudore di sè, e le sue bellezze le tiene nascoste. Così lontana da Roma che, nella sua magnificenza esteriore di palazzi e di monumenti, sembra rivaleggiare con la pompa e la maestosità dei templi, eretti nello spirito di Giulio II, ad maiorem Dei gloriam.
Milano ha il volto della sua borghesia, laboriosa e severa, che si è forgiata sì nello spirito del giansenismo manzoniano, ma affonda le sue radici addirittura nel rigore austero, severo di S. Carlo Borromeo, colui che ha ispirato buona parte del pensiero della controriforma.
Se guardiamo la Milano neoclassica ed eclettica e la Milano operaia di Sironi, ma anche la Milano razionalista degli anni ’30 e ’40 del secolo scorso, vediamo come l’aristocrazia, prima, e la nuova illuminata borghesia, poi, abbiano voluto imprimere, nell’architettura dei palazzi che si costruivano, l’impronta delle virtù borghesi proprie della cultura lombarda: la laboriosità, la famiglia, la religiosità intesa non solo come fede, ma come coscienza dei valori, volti a realizzare il bene comune, nello spirito della carità.
Quella carità, nel cui nome operano i gruppi di volontariato Vincenziano.

- La solidarietà al servizio del problema casa

Una carità che, trasferita nel sociale diventa solidarietà. E qui, possiamo aprire il grande capitolo relativo al ruolo della ricchezza della città, messa al servizio di un grande problema sociale: quello della abitazione per milanesi ed immigrati, nel processo di sviluppo della città. Una imponente popolazione che ha fatto crescere Milano e la Lombardia al livello delle più grandi megalopoli mondiali.
La nostra storia è quella di una città comunale, abituata al ruolo attivo di un popolo che non si misura con il principe, con il palazzo, ma trova in sè la forza di una sorta di autogoverno, attraverso una amministrazione pubblica che non è autoreferenziale, ma si riconduce a sua volta al popolo.
Sicchè, pubblico e privato, ricchezza pubblica e ricchezza privata, concorrono, in un dualismo sinergico (all’insegna di uno spiccato solidarismo) alla formazione urbanistica ed edilizia di Milano e della Lombardia. Quando la città sale, per usare l’espressione dell’epoca - la belle epoque (al ritmo vertiginoso di 15 mila abitanti all’anno, portandosi dai 350.000 della fine dell’ottocento al 1.750.000 registrati agli inizi degli anni ’80 del Novecento) il bisogno di case è notevole. Nascono le società di mutuo soccorso, le cooperative edilizie che riuniscono in iniziative comuni l’impegno diretto dei lavoratori in cerca di casa.
L’edilizia residenziale pubblica (volta a costruire le case popolari attraverso l’investimento diretto di Stato e Comuni) fa la sua parte.

- I protagonisti del settore parapubblico e pubblico Milano e Roma

Milano, a differenza di Roma (la città del Palazzo), dove la parte preponderante nella creazione della città sul versante non privato, viene svolta dal settore parapubblico degli enti previdenziali e degli investitori cosiddetti istituzionali, (che realizzano abitazioni prevalentemente destinate alla burocrazia) vede una presenza massiccia dell’edilizia cooperativistica e popolare (promossa da Acli Casa, dal Consorzio Casa, dalla Lega delle Cooperative di abitazione), che costruisce case per il ceto popolare e impiegatizio. Possiamo stimare che circa il 25% di tutto l’edificato abitativo milanese abbia questa origine.

- I protagonisti privati

Sul versante privato, l’impegno delle famiglie, della Chiesa, dell’Ospedale Maggiore, del Pio Albergo Trivulzio (che costituiscono il loro patrimonio di abitazioni per l’affitto, sulla base delle munifiche donazioni e dei lasciti di centinaia e centinaia di benefattori milanesi, la cui pietà e generosità è mossa dalla consapevolezza della funzione sociale alla quale è destinato l’investimento abitativo dell’ente), degli enti di assistenza, delle fondazioni private (ad esempio la Redaelli e la Cassoni, con il Villaggio Barona) gioca un ruolo importantissimo di forte carattere morale nella solidarietà che si esprime verso il bisogno casa. E nel processo di formazione della città concorre a realizzare il 75% di tutto l’edificato. In particolare le famiglie, che riversano nell’investimento immobiliare la gran parte dei risparmi conseguiti con attività nei settori agricoli, commerciali, manifatturieri, finanziari e professionali.

- Le famiglie milanesi

Va detto, a questo proposito, che le famiglie milanesi, nella gestione della ricchezza personale si sono, in generale, sempre distinte per un particolare spirito di sobrietà e di riservatezza: nella consapevolezza di trovarsi in una posizione di privilegio, rispetto ai problemi sociali, che richiedeva un forte senso di responsabilità. Nessuna ostentazione, ma piuttosto il senso di un ruolo, di una funzione sociale della ricchezza. “Non numen nummus, sed artifex” citava sempre Giorgio Rumi, dallo Statuto della Banca S.Paolo di Brescia. Ce lo ha ricordato qualche giorno fa il Card. Nicora. Non un Dio, la ricchezza, ma un artefice. Non fine, ma mezzo dunque. Questo lo spirito delle famiglie lombarde, amministratrici e non padrone della ricchezza in una visione di uso strumentale finalizzato al bene comune.
Questo spirito è diventato il carattere della città, tanto da meritarle l’appellativo di capitale morale del Paese.
Mi piace ricordare tre esempi.

- Filantropismo umanitario

Siamo all’inizio del XX secolo.
Da alcuni anni (1894) era sorta a Milano, prima in Italia, l'associazione dei proprietari immobiliari che, allora come oggi, rappresentava una parte consistente dell'alta borghesia cittadina.
Un gruppo di milanesi, guidati da Prospero Moisè Loria, fondatori dell'Umanitaria, sosteneva che la più efficace cura preventiva igienico-morale, contro il rilassarsi delle energie dei lavoratori, fosse quella di impegnarsi a costruire anche alcuni quartieri operai come modelli funzionali di abitazione, sani e decorosi, e insieme come esempi di promozione sociale e di stimolo alla solidarietà.
Nel marzo del 1906 oltre mille persone entravano nelle prime case operaie costruite nell'attuale zona Solari, che allora si chiamava Porta Macello.
Seguirà, nel 1909, un secondo quartiere situato nell’attuale viale Lombardia. Giovanni Broglio, l'architetto progettista e direttore dei lavori, aveva scelto un tipo di edilizia economica allora all'avanguardia. Case di tre o quattro piani, collegate fra loro da terrazzini, e disposte a quadrato intorno a grandi cortili interni, ricchi di verde.
Dal 1908 nel quartiere Solari prende a operare come asilo una Casa dei Bambini; l’anno dopo un'altra comincerà a funzionare anche nel quartiere di viale Lombardia.
Il solidarismo laico marcia - in una competizione stimolante - con il solidarismo cattolico: riassumibile in un alto esempio.

- Carità cristiana

Correva l’anno 1949. Milano aveva allora, grosso modo, la popolazione odierna, ma era appena uscita da una guerra che l’aveva dilaniata con i bombardamenti che avevano distrutto più di tremila edifici.
A quell’epoca disponeva di un edificato residenziale appena superiore alla metà dell'attuale, e stava fronteggiando una immigrazione che l’avrebbe portata, nel giro di trent’anni ad aumentare la propria popolazione di oltre 500 mila unità.
Quel primo di gennaio del’49 il Cardinale Idelfonso Schuster aveva davanti agli occhi l'immagine di tre morti per assideramento, il giorno di Natale; ne avevano parlato a lungo tutti i giornali.
L’uno senza fissa dimora - scriveva nella sua omelia di capodanno – l’altro trovato morto per assideramento nel suo abbaino, il terzo in un angolo di un edificio sinistrato. Sono le conseguenze tragiche e dolorose della mancanza di abitazioni in città e fuori. Non ci sono case! E’ impossibile fabbricarne per la situazione finanziaria, per il costo del materiale, per il costo della manodopera.
Il Presule osò allora muovere un appello alle forze sociali ed economiche della Diocesi per il varo di un progetto straordinario, volto alla realizzazione di case per quanti ne fossero privi.
La città accolse con slancio l’invito. Si costituì l’opera Domus Ambrosiana, (presieduta dapprima dall’Ing. Franco Ratti, nipote di Papa Pio XI, ed in seguito dal Senatore Luigi Davide Grassi, allora presidente di Assoedilizia), che nel giro di pochi anni realizzò in periferia tre moderni quartieri costituiti da tredici fabbricati dove trovarono dignitosa sistemazione 239 nuclei familiari ad affitti addirittura inferiori a quelli praticati dall'Istituto case popolari. L'iniziativa dell'Arcivescovo, di avanguardia per quei tempi, fu di grande stimolo morale per quanti avevano la responsabilità di gestire il problema abitativo nella nostra città e nel nostro Paese.

- Imprenditorialità etica

Il quartiere Grigioni, appartenente alla famiglia del compianto mio predecessore alla presidenza di Assoedilizia, il caro amico Arturo, realizzato nel secondo dopoguerra al Lorenteggio: più di 1500 alloggi di civile abitazione, a tutt’oggi affittati a canoni di poco superiori all’equo canone.
Tre esempi che appaiono come la conferma del principio Vincenziano: i poveri soffrono più per mancanza di organizzazione che di carità.

- Lo Stato moderno, il welfare, la sussidiarietà

Quando lo Stato si organizza si passa gradatamente dalla filantropia, al welfare state; istituito negli ’40 del Nocevento dapprima in Gran Bretagna ad opera dei Liberali-Laburisti e negli Usa da Rooswelt.
Lo Stato riserva progressivamente a sè le decisioni individuali che riguardano i settori vitali per l’esistenza umana: la tutela della salute, l’assistenza ai bisognosi, la previdenza sociale.
E’ l’attuazione della teoria del telescopio che ispirò le grandi riforme sociali di Bismarck negli anni ’80 dell’Ottocento così efficacemente illustrata da Piero Giarda: l’individuo vede questi bisogni troppo lontani, come attraverso il telescopio (ad esempio l’assistenza previdenziale) e non li prende adeguatamente in considerazione. Lo Stato si sostituisce all’individuo nella decisione e rende obbligatorie queste tutele; che diventano un costo sociale. E’ la base della sussidiarietà verticale, su cui si fonda il welfare state.
Ma il processo suppone una progressiva avocazione di mezzi finanziari dal privato al pubblico, attraverso lo strumento fiscale.
Questa escalation, in Italia, non si è accompagnata ad un progressivo miglioramento qualitativo dei servizi: che anzi, assistiamo ad un ritrarsi dello Stato (oberato da una spesa pubblica di enormi proporzioni) dai suoi compiti istituzionali. Emblematico è il settore dell’edilizia residenziale pubblica abbandonata da vent’anni a questa parte.Lo Stato aumenta la pressione fiscale (tra fiscalità diretta ed indiretta) ma di case sociali non se ne costruiscono più.

- La sussidiarietà del filantropismo individuale ed il valore della carità

In alcuni settori, legati agli interventi umanitari si è creato il filantropismo pubblico-privato collaterale: le Onlus e le ONG.
Sta di fatto che dopo questo passaggio al pubblico, la spinta individuale al filantropismo, soprattutto laddove manchi un afflato morale e spirituale, come ad esempio nel settore della cultura, si è di molto affievolita. Adesso ci pensiamo con il 5 per mille.
Nel campo della carità, dove il welfare non arriva, perchè la carità non è solo redistribuzione di ricchezza o organizzazione di servizi (cioè non è solo assistenza), ma è amore (un bene non surrogabile dallo Stato, ma un dono che una persona dà ad un’altra); nel campo della carità rimane insostituibile il modello offerto dal volontariato Vincenziano. Fulgido esempio, di altruismo e di dedizione a chi ha più bisogno, che oggi (in un’epoca di egoismi e di individualismi relativistici) più che mai mantiene la sua ineguagliabile validità.
ACHILLE COLOMBO CLERICI
Presidente di Assoedilizia
© 2007 Neuronica Creactive Machine - Neuronica S.r.l.