_news #41
05 Novembre 2007
Cremazioni in Italia
Mutamento del costume nel culto dei defunti. Idealizzazione o rapporto sbrigativo con la morte? Il diffondersi del rito della cremazione in Italia: analisi e valutazioni. Torino, Bologna, Roma, Milano
Milano, 31 ottobre 2007 - Città e provincia, nord e sud: questi gli spartiacque del rito della cremazione in Italia che, nella media, resta un fenomeno di nicchia attorno al 10%: 53.013 cremazioni nel 2006 su un totale di 557.892 sepolture, previsioni per il 2007, 56.000 cremazioni su 560.000 sepolture. Ma è nelle regioni economicamente avanzate del nord Italia che si registrano autentiche impennate che raggiungono quasi il 30% in Lombardia, seguita a distanza da altre regioni: Emilia-Romagna, l'ormai ex tradizionalissimo Veneto, Piemonte, Lazio (unica regione del centrosud nel gruppo di testa grazie all'apporto di Roma), Toscana e Liguria. Se si escludono Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige, le altre regioni censite hanno percentuali di cremazioni da prefisso telefonico: zero virgola qualcosa.
Ecco il quadro generale della tipologia di sepolture in Italia nel 2006. Le previsioni per il 2007 vedono scostamenti minimi, ad esempio un decremento di 0,5 punti delle inumazioni a vantaggio delle cremazioni:
Tipologia N° %
Inumazione (in terra) 181.302 32,5
Tumulazione (in loculo e tomba) 323.577 58
Cremazione 53.013 9,5
Totale 557.892 100
Con il 10% di cremazioni previste nel 2007, l'Italia si pone alla retroguardia nella classifica europea. I raffronti sono possibili però solo con i dati del 2003 che vedono il nostro Paese - con il 7,3% sul totale dei decessi - al terz'ultimo posto in una lista di 21 Paesi, seguito solo da Irlanda (6,8%) e Bulgaria (4,9). La leadership spetta alla Cechia (76,5% di cremazioni) seguita da Svizzera (76,2), Danimarca (72,6), Gran Bretagna (72,3), Svezia (72,1), Olanda (50,9), Slovenia (47,5), Lussemburgo (40,7), Belgio (38,9), Ungheria (37,2), Norvegia (31,6), Finlandia (30,3), Portogallo (28), Austria (23,7), Francia (21,8), Spagna (17,8), Islanda (15), Lettonia (13,7). Media europea, sempre nel 2003, 36,2%.
Ed ecco in Italia il fenomeno classificato per regione e le variazioni intercorse in quattro anni (dal 2003 al 2006):
Regioni 2003 2006
N° cremazioni % tot. Italia N° cremazioni % tot. Italia
Valle d'Aosta - - 204 0,4
Trent.-A.Adige 886 2,1 925 1,7
Friuli-V.Giulia 1.917 4,5 2.021 3,8
Piemonte 5.020 11,7 5.276 9,8
Lombardia 11.248 26,2 15.433 29,1
Veneto 4.806 11,2 6.252 11,6
Liguria 4.374 10,2 5.015 9,3
Emilia-Romag. 5.163 12 6.271 11,7
Toscana 4.069 9.5 5.119 9,5
Marche 206 0.5 333 0,6
Umbria 464 1,1 348 0,6
Lazio 4.462 10,4 6.221 11,4
Campania 71 0,2 - -
Puglia - - 280 0,5
Sicilia 159 0,4 166 0,3
Sardegna 137 0,3 178 0,3
Totale Italia 42.982 100 53.013 100
In tale contesto Milano si presenta quale caso unico in Italia, che pone la città nella media delle altre metropoli europee. Oltre il 65% dei circa 15.000 funerali all'anno si conclude con la cremazione. Una rivoluzione, considerando che ancora alla metà degli anni '90 la percentuale era inferiore al 10%.
Questo il boom milanese: 2001, 42% - 2002, 45% - 2003, 47% - 2004, 51% (la maggioranza rispetto a inumazioni e tumulazioni) - 2005, 54% - 2006, 58% - 2007 (settembre) 62% con la previsione che entro l'anno si raggiunga il 68%. Va aggiunto che Milano è stata la prima città in Italia e nel mondo ad istituire (1876) un forno crematorio: lo volle un industriale e filantropo, Alberto Keller, che affidò la propria cremazione a due esperti teorici del settore, i professori Polli e Clericetti. Il Comune di Milano donò il terreno, la famiglia Keller i fondi. Nello stesso anno nacque la Società Milanese per la Cremazione.
Seguì a breve Torino che inaugurò il proprio Tempio Crematorio nel 1888 con conseguente Società per la Cremazione, a seguito di un movimento di opinione pubblica condotto dal docente di Fisiologia nell'Università torinese Jacob Moleschott. Nel 2005 a Torino la percentuale di cremazioni su inumazioni e tumulazioni ha toccato il 40%.
Una accelerazione che non riguarda solo Milano e Torino: Bologna sfiora il 30%, percentuale cui è vicina Roma (oltre il 26%): la capitale è dotata di 5 forni crematori (l'unico altro forno del Lazio è a Viterbo) e prevede per il corrente anno l'esecuzione di 6.700-6.800 cremazioni (gratuite) su un totale di 26.000 decessi. Un buon venti per cento di salme arriva da altre città del Lazio e da altre regioni, in quanto le strutture per l'incenerimento sono pressocchè assenti in tutto il sud ed isole. L'incremento medio è del 15-20% di cremazioni all'anno.
Quali le cause del recentissimo boom? Poco ha influito infatti (Concilio Vaticano II, maggio 1963) il via libera della Chiesa a questo rito perché negli anni successivi il numero delle cremazioni è rimasto, anche a Milano, un fenomeno di nicchia. Tra le ipotesi del rapido incremento, le conseguenze incontrollate dell'euro, che ha raddoppiato i costi della tradizionale sepoltura, e quindi la convenienza della cremazione, la possibilità dei parenti di portarsi a casa l'urna con le ceneri dei propri cari, come consentito dal regolamento in materia da parte di alcune Regioni (le ceneri inoltre possono essere disperse in luoghi prefissati ma anche in altri luoghi naturali con il vincolo di non inquinare), il risparmio nell'esumazione della sala, ecc.
"Spiegazioni parziali e insufficienti anche se poggiano su elementi incontrovertibili - afferma il presidente di Assoedilizia avv. Achille Colombo Clerici -: basti pensare che, al di fuori delle città più "ricche", la più conveniente cremazione resta un fenomeno ancora limitato oppure praticamente inesistente come nelle regioni "povere" del Sud. Forse nelle città, e comunque nelle regioni economicamente più avanzate, il culto del defunto si sta trasformando da un culto "fisico" legato al luogo che custodisce le spoglie dei propri cari ad un culto "ideale"; passaggio reso possibile dal processo di sublimazione che la cremazione realizza". Una controprova potrebbe essere la nascita del "cimitero virtuale": sul sito internet www.cenereallacenere.it vengono pubblicate le "lapidi" con foto, nomi, date di nascita e di morte, omaggi ai defunti.
Conseguenze. La crisi o il semplice calo di inumazioni e tumulazioni ha portato ad una contrazione della fornitura di lapidi ed accessori in bronzo (lumini, vasi, immagini sacre) e i marmisti, eredi di una illustre tradizione, si stanno riconvertendo all'edilizia dei vivi: il fatturato nei cimiteri milanesi si è dimezzato scendendo da 400.000 euro l'anno a 200.000. Ma anche le aziende che si occupano dell'arredo e della manutenzione delle tombe vengono colpite. Non si può parlare di chiusure e licenziamenti perché anche queste aziende trovano lavoro nella manutenzione di giardini privati, parchi e quant'altro.
Le previsioni. Laddove il fenomeno della cremazione è più forte, nel giro di pochi anni, parti più o meno consistenti dei cimiteri resteranno inutilizzate. Mentre crescono le richieste di cappelle funebri, nonostante il loro costo medio sia vicino al costo di un bi-trilocale. La forbice sociale si allarga anche dopo la vita. A conferma, c'è chi pensa di realizzare dei cimiteri privati d'èlite ove il luogo della memoria e dell'omaggio ai defunti si accompagni al godimento di raffinate soluzioni architettoniche e monumentali. (Tabelle e dati sono di fonti varie, e sono stati elaborati da Assoedilizia),
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